di Simona Pacini
Il 16 gennaio 1969, un giovane cecoslovacco di 21 anni, si dette fuoco in piazza San Venceslao a Praga, morendo dopo tre giorni di agonia.
Era la “torcia umana n. 1”, il primo dei giovani che avevano deciso di protestare tra le fiamme contro l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Armata Sovietica
Il suo nome era Jan Palach.
I suoi sogni di libertà, come quelli di tante ragazze e tanti ragazzi della Cecoslovacchia (al tempo ancora lontana dalla Rivoluzione di Velluto dalla quale, nel 1989, sarebbero nate due diverse nazioni) erano alimentati dalle riforme di Alexander Dubček, il segretario del Partito Comunista Cecoslovacco che dette il via al periodo storico di liberalizzazione politica, battezzato dai media occidentali Primavera di Praga .
Un periodo breve, iniziato il 5 gennaio 1968, con la nomina di Dubček, e concluso il 20 agosto dello stesso anno, quando i carri armati sovietici invasero la Cecoslovacchia, che rimase occupata fino alla caduta del Muro di Berlino.
Nella stagione riformista fu quasi del tutto ripristinata la libertà di stampa e fu garantita libertà di movimento tanto che moltissimi giovani ne approfittarono per girare il mondo fuori dai confini fino ad allora invalicabili.
Jan Palach (nella foto a destra) andò in Francia per la vendemmia insieme alla sua ragazza e continuò a girare l’Europa in autostop, alla giornata. Tra una tappa e l’altra arrivò fino in Sicilia, dove i due furono fatti salire in auto da un colligiano d’adozione che all’epoca viveva e lavorava a Palermo.
«Mi fecero pena - racconta Alessandro Amoroso nella sua casa di Colle di Val d’Elsa -, camminavano sperduti in una strada di campagna in mezzo al nulla. Li ospitai per tre notti a casa mia, così ebbero modo di farsi qualche doccia e di mangiare come si deve. Quando ripartirono, Jan mi regalò un quadretto che conservo come un tesoro, anche se non ha un valore economico. È tuttora appeso nella veranda della mia casa di Colle».
Il quadro è una piccola tela dipinta a tempera con i colori del blu, dedicato a Praga.
Il quadretto regalato da Jan Palach ad Alessandro Amoroso
«In quel periodo - continua Amoroso - erano tanti i giovani cecoslovacchi che giravano l’Europa in autostop, approfittando dell’apertura delle loro frontiere. Per me, Jan e la sua ragazza, erano due ragazzi come tanti. Mi fece piacere aiutarli, erano persone gentili e ben educate. Poi, dopo qualche mese, arrivò la notizia. Non avrei mai immaginato che un ragazzo così tranquillo potesse compiere un gesto simile. Non mi sembrava un fanatico. Forse più la ragazza, ne aveva l’aria. Comunque credo che fosse proprio lui, il ragazzo che avevo ospitato. Il nome, molto particolare, mi era rimasto ben impresso nella mente. Poi in seguito ho fatto una ricerca per scoprire se fosse un nome piuttosto comune e vidi che non lo era affatto».
In un sito ceco a lui dedicato si legge il ricordo di Jan da parte del preside della scuola elementare di Všetaty: «I compagni di classe lo amavano per la natura socievole e gentile. Era tranquillo, riflessivo, molto studioso. Era interessato alla natura, alla tecnica e alla storia fin dai primi anni di scuola».
Secondo Miroslav Slach, insegnante di storia nella stessa scuola «Jan Palach era un appassionato giocatore di scacchi e lettore. Amava i romanzi storici e d’avventura. Gli piaceva anche lo sport, frequentava il circolo Sokol locale e correva nei dintorni di Všetaty».
Nel settembre del 1963 Jan Palach cominciò a frequentare a Mělník la Střední všeobecně vzdělávací škola ovvero "Scuola superiore comprensiva", come era all’epoca chiamato il liceo. I professori lo ricordano come uno studente nella media, che eccelleva in storia, geografia, educazione civica e biologia. Sostenne l’esame di maturità nel giugno 1966.
La stagione della libertà, in Cecoslovacchia, durò sei mesi a malapena. Per chi l’aveva assaporata, potendo vivere finalmente come i giovani delle nazioni libere e democratiche, l’invasione sovietica divenne probabilmente uno scoglio impossibile da superare.
Jan Palach fu il primo a mettere in atto una protesta tanto cruenta, ma non fu l’ultimo.
Il suo sacrificio ebbe un’eco enorme in tutto il mondo. Il suo nome è ricordato come quello di un eroe e in Cecoslovacchia, ma anche in altri paesi del Blocco Sovietico, altri giovani emularono il suo gesto.
Prima di morire Jan ripeteva che il suo non era un suicidio e chiedeva di non farlo passare come tale. Era il gesto di un ragazzo che amava il proprio paese e la libertà e decise di combattere seguendo l’esempio degli eroi del passato che tanto ammirava.
Francesco Guccini ha dedicato una canzone, Primavera di Praga, a Jan Palach, come al solito molto poetica e suggestiva, contenuta nell’album “Due anni dopo”, del 1970.
"Quando la piazza fermò la sua vita,
sudava sangue la folla ferita,
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo,
quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano,
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga…”
Oggi il ricordo di Jan Palach, grazie a un quadretto su Praga e al racconto di Alessandro Amoroso, ha un suo spazio, seppur piccolo, anche nella Città di Colle di Val d’Elsa.